DivingTENSEGRITÀ

12 Giugno 2020

Sembra difficile sviluppare questo concetto ma siamo circondati da esempi di strutture tensegrali, formate da elementi di compressione legati tra loro da componenti di trazione, creando un assetto auto-reggente.

 

La parola tensegrale deriva dall’ inglese “tensional” ed “integrity” e significa: “strutture integrali nella tensione”. La prima definizione di struttura tensegrale è stata data da Richard Buckminster Fuller: “Assemblaggio di elementi tesi e compressi in cui gli elementi tesi sono continui e quelli compressi discontinui”. La definizione più recente di Renè Motro è “il sistema tensegrale è un sistema in uno stato di auto-equilibrio stabile comprendente un insieme di componenti discontinui compressi all’interno di un continuum di componenti in tensione”.

 

Queste definizioni sottolineano la leggerezza delle strutture tensegrali, la loro capacità di essere molto stabili, di dissipare omogeneamente le forze ricevute.

 

Quindi la parola “tensegrità” definisce la proprietà di un sistema vettoriale chiuso di stabilizzarsi meccanicamente tramite forze di tensione e di compressione che si equilibrano tra loro.

 

Il principio di tensegrità, presente in natura, viene sfruttato molto nella costruzione di strutture architettoniche in grado di sopportare notevoli carichi esterni rispetto alla propria leggerezza e semplicità strutturale.

 

Una struttura tensegrale riesce a dissipare, in maniera omogenea, le forze che la colpiscono, modificando anche la sua forma, quindi qualsiasi urto o forza applicata sarà assorbito interamente da tutta la struttura e non solo dall’elemento che riceverà l’urto stesso.

 

Ogni cellula rappresenta in sé un sistema di tensegrità, infatti ha un’organizzazione complessa in cui tutti i componenti sono interconnessi, comunicanti e si ridispongono in seguito a tensioni locali. La struttura responsabile di queste modificazioni è il citoscheletro.

 

La cellula ha capacità di reagire a stimoli esterni di natura  meccanica come compressione e stiramento, modificando la propria forma grazie al riarrangiamento delle componenti citoscheletriche: in questa capacità è racchiusa l’essenza della meccanotrasduzione, il meccanismo attraverso cui le cellule trasformano stimoli meccanici in risposte biochimiche.

 

Citoscheletro cellulare

 

Nel corpo umano

Il corpo umano rappresenta un involucro in tensione, le cui porzioni contrapposte, sono mantenute tali dalla compressione degli elementi interni, immersi, fluttuanti in una rete in continua tensione. Il sistema che si viene a creare è, un sistema modificabile in maniera molto evidente per quanto riguarda la sua parte elastica, elementi di tensione e in maniera minima riguardo la componente in compressione, ossa.

 

All’interno del sistema muscolo-scheletrico, le ossa rappresentano strutture rigide a compressione continua, che da sole potrebbero resistere efficacemente soltanto ad insulti nella direzione della loro massima lunghezza ovvero a forze di compressione.

 

Le articolazioni fungono invece da cerniere, da punti di unione e di snodo che permettono l’assorbimento di forze laterali attraverso il movimento della struttura.

 

Il sistema miofasciale tiene insieme tutti gli elementi attraverso muscoli, fasce, tendini, legamenti capaci di subire trazione o di opporsi a forze compressive.

 

Il corpo umano è quindi un sistema tensegrito capace di sostenere carichi importanti grazie ad una risposta dinamica in grado di distribuire forze applicate localmente lungo tutta la struttura.

 

Quindi una qualsiasi tensione focale può alterare l’intero sistema, andando a creare cambiamenti, e quindi disfunzioni, in zone sane localizzate anche in luoghi distanti dalla tensione focale stessa. Ad esempio, per quanto riguarda il tessuto miofasciale, una cicatrice, seppur minima, riesce a creare adattamenti locali e/o distali.

 

Un’alterazione mantenuta nel tempo può ripercuotersi negativamente su tutto il sistema, modificando la capacità stessa di autoguarigione.

 

In base a questa visione d’insieme, il trattamento osteopatico deve avere lo scopo di ristabilire il corretto equilibrio, indipendentemente dalla tipologia di trattamento usato (craniosacrale, strutturale, viscerale, fasciale). Questo perché, agendo su un sistema tensegrile, qualsiasi trattamento avrà azione sia sugli elementi in trazione che sugli elementi in compressione.

 

Sarà il corpo, a trattamento terminato, a ricercare e a ristabilire una corretta omeostasi.

 

 

 

 

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